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La tragedia della diga del Vajont – “Il Pepoli”

di Francesco Battella - 3 B

Utente RIIC82500N-psc

da Riic82500n-psc

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Sono trascorsi 60 anni da quando la notte del 9 ottobre 1963 si consumò la tremenda tragedia della diga del Vajont.

Ci troviamo nel 1963, nel pieno del boom economico, e all’Italia serviva molta più energia di quanta ne stava producendo. Per questo motivo molti architetti, geometri, ingegneri, e geologi di quel tempo, anche molto famosi, si riunirono per progettare questa immensa diga sul monte Toc nella valle del Vajont. Con questo sistema, grazie all’energia idroelettrica prodotta, sarebbe stato possibile alimentare tutto il Triveneto.
A capo di questo mega progetto c’era l’ingegnere Carlo Semenza, i geologi prima di far iniziare la costruzione di questa immensa diga avrebbero dovuto studiare il territorio in quanto presentava una paleofrana e quindi era possibile che potesse verificarsi di nuovo una frana del genere.
Finita la realizzazione della diga, venne iniziato il riempimento della stessa, ma quando il livello dell’acqua si alzò l’argilla si gonfiò e iniziò a comportarsi come un lubrificante facendo muovere 270 milioni di metri cubi di terreno alla velocità di 100 km/h.
Il costone della montagna precipitò all’interno del lago generando un’onda anomala alta 250 metri che oltrepassò la diga, l’enorme quantità di acqua si diresse verso valle prendendo due diverse direzioni, una parte si diresse verso Casso e Erto che furono poco danneggiate mentre la quantità più imponente andò verso la valle del Piave, e la città di Longarone che fu rasa al suolo, tale alluvione provocò quasi 2000 morti travolgendo e distruggendo tutto ciò che incontrava lungo il suo percorso.
La diga rimasta intatta, è un museo a cielo aperto che dimostra la grandezza e l’ingegneria di quel tempo.