Dalla conversazione con Sami Modiano, alla quale abbiamo partecipato in diretta streaming martedì 23 gennaio.
Sami Modiano è un uomo ormai anziano, che ha vissuto l’Olocausto italiano ed è sopravvissuto al campo di sterminio di Auschwitz – Birkenau.
Samuele, conosciuto come Sami, è nato il 18 luglio 1830 a Rodi, in Grecia.
Nel dialogo ci racconta la sua vita dal momento della morte della madre.
Ci racconta del padre, Giacobbe, e lo descrive come un uomo buono ed un padre adorabile; della madre Diana, una madre dolce e affettuosa, ed infine della sorella Lucia, una ragazza intelligente, di appena diciotto anni.
Innanzitutto ci parla della scuola, gli piaceva prendere buoni voti ed era felice che i suoi genitori fossero orgogliosi di lui. All’età di otto anni viene espulso da scuola, chiese al padre il perché e lui gli rispose: “Perché sei diverso dagli altri”, ma lui, Sami, disse che si sentiva uguale a tutti i suoi compagni, e che non notava differenze.
Nel 1941 la madre venne a mancare per problemi al cuore.
Da lì in poi fu sua sorella Lucia ad occuparsi della famiglia, fece di tutto per coprire il dolore lasciato dalla madre; iniziò a prendersi cura della casa e a preparare i pasti per lui e per suo padre.
Modiano ricorda di quando aveva ancora fame dopo aver finito la sua porzione e la sorella gli cedeva anche la sua, dicendo di non avere appetito.
Il 16 agosto del 1944 la comunità di Rodi venne deportata, si ritrovarono nel campo di sterminio, che Sami definisce la “rampa della morte”.
Gli viene tatuato un numero, B7456, differiva da quello del padre per il solo numero finale, B7455.
Vennero divisi in due gruppi distinti: gli uomini da una parte, le donne dall’altra; Sami e Giacobbe da un lato, Lucia dall’altro.
Giacobbe tentò di proteggere i suoi figli e per questo venne picchiato selvaggiamente, davanti ai loro occhi.
Sami viene condannato alla camera a gas, ma il padre riesce a salvarlo; purtroppo non sarà lo stesso per Lucia. Questa perdita segnerà profondamente la storia dei Modiano.
Difatti, dopo aver saputo di aver perso la figlia maggiore, Giacobbe si presenterà in infermeria…
Adesso Sami è rimasto solo, riesce a trovare la forza per andare avanti dalle parole di incoraggiamento di suo padre che gli disse di tenere duro; allora lui continua a lavorare, non si arrende.
Stringerà una significativa amicizia con Piero Terracina, ne parla così “un’amicizia fraterna in un posto di morte”.
Sami lascia Birkenau nel 1945, quando i russi sono ormai prossimi all’ingresso nel campo e i tedeschi si mettono in marcia assieme ai superstiti; è stremato, non ce la fa più a continuare il viaggio, si accascia a terra ma viene trascinato da alcuni prigionieri e posto in cima ad un mucchio di cadaveri. Sviene, quando si risveglia vede una casa in lontananza e riesce a raggiungerla, lì ritrova i suoi due amici.
Da quel giorno, il 27 gennaio 1945, viene ricordato il giorno della memoria.
Questo dialogo ha suscitato in me tristezza e paura, il timore di una morte così atroce, una morte che non si merita nessuno.
Penso che Sami sia stato estremamente coraggioso e forte, io al suo posto non sarei riuscita ad andare avanti.
Mi ha colpito il suo fingersi morto per trovare la libertà.
Sono contenta che Sami sia riuscito a trovare il coraggio di raccontare la sua storia e di girare in ogni scuola per parlarne.
Non dimentichiamo.
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